Non mi farò gli affari miei
Febbraio 10, 2018Pare che io sia un “plutocrate straniero”. La considerevole somma che ho devoluto in occasione della campagna sulla Brexit per finanziare lo schieramento “Remain” è “contaminata” e andrebbe restituita immediatamente, dovrei “non intromettermi” nella politica britannica: tutto ciò è emerso in occasione di una cena da me organizzata qualche giorno fa. Non ho mai celato la mia ostilità alla Brexit, anzi, durante la campagna per il referendum ho chiaramente espresso le mie opinion sulle pagine del Mail On Sunday.
Ma l’accusa più grave che mi si rivolge è quella di “indebolire la democrazia” e voglio replicare con forza. Spenderò alcune parole sulle mie vicende personali e le ragioni per le quali questo paese e la sua democrazia significhino tanto per me.
L’esperienza formativa della mia gioventù è stata l’occupazione nazista dell’Ungheria nel 1944. Essendo ebreo, probabilmente non sarei riuscito a sopravvivere se mio padre non avesse procurato documenti falsi e nascondigli per salvare i suoi famigliari e molti altri ebrei. A soli 13 anni già avevo imparato l’importanza di quale tipo di potere politico prevalga.
All’occupazione nazista fece seguito il regime comunista, che trovai opprimente al punto da indurmi a lasciare la mia patria e rifugiarmi in Inghilterra, dove, all’epoca, i rifugiati venivano trattati molto meglio di quanto non accada ai giorni nostri. Ho vissuto 9 anni in questo paese, diventando assolutamente anglofilo.
Nel 1956, per motivi di lavoro, mi trasferii a New York. Ciò nonostante, la Gran Bretagna rimane comunque nel mio cuore, ho tuttora una casa a Londra e ogni anno vi trascorro un periodo. Sebbene l’ex Cancelliere dello Scacchiere Norman Lamont critichi che io, straniero, mi immischi negli affari interni britannici, dovrebbe anche riconoscere che da molto tempo ho attività imprenditoriali nel suo paese, esattamente come Rupert Murdoch, cittadino americano ben noto per la sua posizione pro-Brexit.
Quello che conta è che noi, entrambi “stranieri”, abbiamo dato con entusiasmo il nostro contributo all’economia britannica, creando posti di lavoro. Da giovane, sono stato fortemente condizionato dagli anni trascorsi in Gran Bretagna. Ho avuto la fortuna di frequentare la London School of Economics, dove ho conosciuto il grande filosofo austriaco Karl Popper, divenuto in seguito mio maestro, che asseriva di voler utilizzare il proprio denaro per promuovere le democrazie aperte, dove prevalgono dibattiti pacati, razionali ed immuni da pesanti attacchi personali. Grazie al suo ascendente, ho imparato a distinguere tra la società di tipo aperto, nella quale il popolo elegge i propri governanti e questi si adoperano a favore degli interessi di coloro che li hanno votati, e quella di tipo chiuso, nella quale chi è al potere sfrutta la popolazione sotto il proprio controllo.
Sono un acceso sostenitore del primo tipo di società, ed è per questo che ho finito col creare le Fondazioni per le Società Aperte, utilizzando il mio patrimonio per promuovere democrazie aperte ed aiutare coloro che vivono sotto regimi repressivi. La società aperta è caratterizzata da dibattiti pacati e razionali, scevri dai pesanti attacchi personali cui abbiamo recentemente assistito.
Sono orgoglioso di sostenere Best For Britain, gruppo a favore della permanenza britannica nell’Unione Europea. Personalmente ritengo che la Brexit sia un tragico errore. Prima della Brexit, la Gran Bretagna godeva di una situazione assolutamente favorevole: il far parte dell’Unione senza doverne adottare l’euro.
L’errore fatale è stato il consentire che la decisione sull’appartenenza o meno all’Unione fosse votata tramite referendum, un tipo di consultazione che spesso, come dimostra l’esperienza, ha condotto a cattive decisioni. Incitati da istigatori senza scrupoli, le popolazioni usano i referendum per esprimere il malcontento sullo stato attuale delle cose senza prenderne in esame le conseguenze. Il fatto che le condizioni attuali siano insoddisfacenti non preclude che possano ulteriormente peggiorare, e ciò è quanto è accaduto in Gran Bretagna.
La Brexit è una doppia sconfitta, in cui sia la Gran Bretagna che l’Europa escono perdenti. Dal punto di vista politico, l’UE senza il Regno Unito vedrà indebolita la propria capacità di difendere e promuovere i valori democratici, e sentirà la mancanza della pressione britannica ad implementare le necessarie riforme istituzionali. Dal punto di vista economico, l’Europa perderà la terza economia in ordine di grandezza ed il più importante paese sostenitore delle politiche economiche liberali.
La Gran Bretagna, fuori dall’Unione, perderà la propria influenza globale e ne risentirà economicamente, in quanto 45 anni di riuscita integrazione con l’Europa verranno vanificati. Il divorzio è un processo dannoso e non esiste divorzio amichevole. E’ pura illusione ritenere di poter raggiungere la separazione economica in soli due anni, ce ne vorranno per lo meno cinque, se non di più. Il processo trasformerà il Regno Unito e l’Europa da amici a rivali, se non altro durante il periodo di transizione. Prima del referendum la Gran Bretagna mostrava risultati economici migliori del resto d’Europa, ma la situazione si e’ rovesciata, con le economie del vecchio continente che avanzano a passo spedito mentre il Regno Unito rimane indietro.
L’effetto delle incertezze create dalla Brexit sull’economia britannica si paleserà dolorosamente nei prossimi sei mesi, quando le procedure per la separazione entreranno nella fase più controversa.
Come se tutto ciò non bastasse, la procedura di separazione impegnerà la Gran Bretagna e l’Europa per anni a venire, quando invece sarebbe meglio che opponessero un fronte unito ai nemici esterni, quali la Russia di Putin, o che risolvessero le contraddizioni interne, che portano taluni a considerare l’Unione Europea come un nemico.
Con la Brexit il sistema bi-partitico è ormai sorpassato: la vecchia distinzione tra la Sinistra e la Destra è passata in secondo piano rispetto all’essere pro o anti europeisti. Chiaramente i Conservatori sono il partito di destra e i Laburisti quello di sinistra, ma entrambi soffrono di divisioni interne sulla Brexit. Questo fatto complica significativamente le negoziazioni e rende difficoltoso definire, e ancor di piu’ modificare, la posizione Britannica nei confronti dell’Europa.
La Brexit ha anche diviso la politica britannica tra giovani e vecchi. Nonostante io abbia 87 anni, penso molto ai giovani che vivranno in un futuro che non mi sara’ dato vedere. I giovani al di sotto dei 35 anni hanno votato Remain in modo schiacciante ed è solo nella fascia al di sopra dei 55 anni che Leave ha ottenuto la maggioranza
Il voto dei vecchi ha predominato su quello dei giovani, che si troveranno a dover vivere con le conseguenze della Brexit per decenni, e che sono sempre più disincantati in tema di democrazia. Ma rende anche possibile che, in futuro, la Gran Bretagna possa voler rientrare nell’Unione Europea.
Può darsi che in futuro le porte dell’Unione siano ancora aperte, ma se oggi la Gran Bretagna lascia l’Unione, non sarà più in grado di rientrarvi alle stesse favorevoli condizioni. Visto che la Brexit è una proposta a soli perdenti, ne consegue che un voto parlamentare che la bloccasse sarebbe l’esatto opposto. D’altro canto un semplice rovesciamento della maggioranza 52:48 a favore della Brexit non sarebbe sufficiente e ci vorrebbe una ben più larga maggioranza pro-Remain per convincere l’Europa che l’atteggiamento britannico nei suoi confronti sia fondamentalmente cambiato e vada preso sul serio.
La tendenza va nella giusta direzione, la vera questione è come riuscire ad accelerarne l’impeto, così che si raggiunga il punto di svolta nei prossimi sei-nove mesi. Siamo di fronte al problema dell’uovo e della gallina: bisogna che gli elettori spingano i propri rappresentanti di governo a ribellarsi alla dirigenza del partito ma bisogna pure che l’elettorato non sia solo motivato a votare ma anche a svolgere un ruolo politico attivo.
Best For Britain tenta di superare l’impasse riunendo tutte le forze che aspirano a che il Regno Unito continui a far parte dell’Unione Europea – ed ha il mio incondizionato sostegno.