Marcia indietro sulla Brexit?
Giugno 19, 2017La realtà economica comincia a riflettere le false speranze di molti britannici. Un anno fa, quando un’esigua maggioranza votò per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, essi credettero alla promessa della stampa popolare e dei politici del fronte del “Leave” che la Brexit non avrebbe modificato il loro tenore di vita. In realtà, nell’anno trascorso da allora, tale tenore è riuscito a mantenersi stabile solo grazie a un maggiore indebitamento delle famiglie.
Questo metodo per un po’ ha funzionato perché l’aumento dei consumi delle famiglie ha stimolato l’economia britannica. Ma il momento della verità è ormai alle porte. Come mostrano gli ultimi dati diffusi dalla Bank of England, la crescita dei salari non è riuscita a tenere il passo dell’inflazione e, pertanto, i redditi reali sono cominciati a diminuire.
Se questo trend proseguirà nei prossimi mesi, le famiglie si accorgeranno presto che il loro tenore di vita si sta abbassando e, di conseguenza, si vedranno costrette a rivedere le proprie abitudini di spesa. Come se ciò non bastasse, si renderanno anche conto di essersi indebitate in modo eccessivo e di dover porre rimedio riducendo ulteriormente i consumi che hanno sostenuto l’economia fino adesso.
Fra l’altro, la BoE ha commesso lo stesso errore della famiglia media, cioè quello di sottovalutare l’impatto dell’inflazione, e per questo dovrà ora rimediare aumentando i tassi di interesse in modo prociclico. I tassi così aumentati renderanno ancora più difficile per le famiglie saldare i propri debiti.
I britannici si stanno rapidamente avvicinando al punto critico che caratterizza i trend economici insostenibili. Il termine che utilizzo in questi casi è “riflessività”, che è quando la causa e l’effetto si condizionano a vicenda.
La realtà economica è rafforzata dalla realtà politica. Il fatto è che la Brexit è un progetto senza vincitori poiché danneggia tanto la Gran Bretagna quanto l’Ue. Il referendum sulla Brexit non può essere annullato, ma le persone possono cambiare idea.
A quanto pare, è ciò che sta accadendo. Il tentativo del primo ministro Theresa May di aumentare la propria capacità negoziale ricorrendo alle elezioni anticipate si è concluso malamente poiché così facendo la premier ha perso la maggioranza parlamentare e ha dato adito a un parlamento sospeso in cui nessun partito è prevalente.
La causa principale della sconfitta di May è stata l’errore di proporre di far pagare agli anziani una quota sostanziosa dell’assistenza sociale, perlopiù sulla base del valore della casa in cui hanno vissuto per tutta la vita. Questa tassa, nota come “dementia tax”, ha offeso profondamente l’elettorato e gli anziani del partito conservatore della premier. Molti elettori non sono andati a votare, oppure hanno votato per altri partiti.
La maggiore partecipazione dei giovani è stata un altro importante fattore che ha contribuito alla sconfitta di May. Molti di loro hanno votato per i laburisti in segno di protesta e non perché volessero aderire a un sindacato o sostenere il leader laburista Jeremy Corbyn (sebbene la sua performance durante la campagna elettorale abbia sorpreso in positivo).
L’atteggiamento dei giovani britannici nei confronti del mercato unico è diametralmente opposto a quello di May e dei sostenitori di una Brexit “dura”. I giovani sono impazienti di trovare un lavoro ben pagato, che sia in Gran Bretagna o in Europa. Al riguardo, i loro interessi corrispondono a quelli della City, dove si trovano alcuni di questi lavori.
Se vorrà restare al potere, May dovrà cambiare l’approccio ai negoziati sulla Brexit, e alcuni segnali indicano che è disposta a farlo.
Affrontando i negoziati che iniziano il 19 giugno con un atteggiamento conciliante, May potrebbe raggiungere un’intesa con l’Ue sul programma e accettare di rimanere nel mercato unico per il tempo necessario a definire tutti gli aspetti legali. Questa soluzione sarebbe di grande aiuto per l’Ue in quanto posticiperebbe il temuto giorno in cui l’assenza della Gran Bretagna creerà un buco enorme nel bilancio dell’Unione. E sarebbe un accordo vantaggioso per entrambe le parti.
Solo intraprendendo questa strada May può sperare di convincere il Parlamento ad approvare tutte le leggi che dovranno già essere in vigore quando i negoziati sulla Brexit saranno conclusi e la Gran Bretagna lascerà l’Unione. Potrebbe rendersi necessario per lei abbandonare la sconsiderata alleanza con il partito unionista democratico in Ulster e schierarsi più apertamente con i tory scozzesi, che spingono per una Brexit più morbida. May dovrà, inoltre, fare ammenda per i peccati dei tory del distretto londinese di Kensington in relazione all’incendio della Grenfell Tower la scorsa settimana, in cui almeno 30 persone, ma forse molte di più, hanno perso la vita.
Se May opterà per questa linea, potrebbe restare alla guida di un governo di minoranza perché nessun altro vorrà prendere il suo posto. Per completare la Brexit ci vorrebbero comunque almeno cinque anni, durante i quali verrebbero indette nuove elezioni. E se tutto andasse per il verso giusto, le due parti potrebbero pensare di risposarsi prima ancora di aver divorziato.